Il piano di ripresa dell’UE può ancora essere trasformato in un catalizzatore per la sostenibilità

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Di seguito la traduzione dell’articolo originale pubblicato sul sito di Finance Watch il 31 Luglio 2020 e scaricabile qui

Il piano di ripresa europeo rappresenta un passo importante per l’Unione e un sostegno indispensabile all’economia, ma rimangono ancora molte domande cui rispondere per assicurare la transizione a un’economia sostenibile.

Quale diretta conseguenza di un arresto improvviso di interi settori dell’economia per diversi mesi, la contrazione dell’economia dell’UE dovrebbe sarà di almeno l’8,3% nel 2020 con perdite del PIL più elevate di circa il 9,5% in Grecia, Spagna, Italia e Croazia. In assenza di solide contromisure, si prevede che questa improvvisa contrazione dell’economia dell’UE abbia un impatto a lungo termine con circa 180-260.000 aziende europee (pari a circa 25-35 milioni di dipendenti) potenzialmente esposte a un ammanco di fondi e pertanto a rischio di fallimento entro la fine dell’anno.[1]

Se la concentrazione di questi ammanchi è prevista in aziende già finanziariamente vulnerabili[2] in settori duramente colpiti (come il commercio all’ingrosso e al dettaglio, i servizi ricettivi e di ristorazione e l’industria dei trasporti), i leader europei hanno ben presto riconosciuto che l’arresto delle attività comporterà sia un impatto a livello dell’intera UE, con perdita della domanda e malfunzionamento di molte catene di valore integrate, sia una distribuzione disomogenea tra gli Stati membri. In effetti, in alcuni Stati membri ci si aspetta di assistere a una maggiore perdita di posti di lavoro rispetto ad altri, valore che nel 2020 dovrebbe superare il 5% in Francia, Italia, Spagna ed Estonia.

Nel tentativo di affrontare questa situazione straordinaria, i leader europei hanno concordato il 21 luglio scorso un pacchetto di misure del valore di 1.824,3 miliardi di euro, che associa il bilancio dell’UE per il periodo 2021-2027 (MFF o quadro finanziario pluriennale), pari a 1.074 miliardi, al nuovo “Next Generation EU” (NGEU) del valore di 750 miliardi. Questo nuovo pacchetto per la ripresa è, in linea di massima, destinato a contrastare i danni causati dalla pandemia, riducendo i rischi di una ulteriore frammentazione dell’UE e investendo, al tempo stesso, in un’economia europea più verde, digitale, sociale e resiliente.

A parte le legittime preoccupazioni in merito alle dimensioni di questo ulteriore stimolo, vi sono molte altre domande ancora prive di risposta. Di seguito illustriamo brevemente gli elementi principali di questo accordo, sottolineandone al contempo i limiti o le problematiche sollevate.

 

CINQUE PUNTI DELL’ACCORDO DA RICORDARE

1. Un primo esperimento di spesa in disavanzo finanziata a debito a livello dell’Unione

Ponendo fine a una saga pluridecennale sull’opportunità o meno di emettere debito congiuntamente (da cui i dibattiti su eurobbligazioni, blue bond e ESBies), l’autorizzazione concessa alla Commissione europea per “prendere a prestito fondi per conto dell’Unione sui mercati di capitali” potrebbe rappresentare un passo importante per l’integrazione politica europea. Se alcuni leader dell’UE hanno insistito per assicurare che “i poteri di prestito concessi alla Commissione siano chiaramente limitati in termini di dimensioni, durata e portata”, questa operazione crea un precedente.

Inoltre, la progressiva emissione di 750 miliardi di obbligazioni denominate in euro da rimborsare in un periodo molto lungo (2038-2058) creerà un mercato e una curva di rendimento per tutte le scadenze del debito UE. Sostenute da un rating altissimo, da garanzie degli Stati membri dell’UE e da acquisti della BCE[3], queste emissioni di obbligazioni denominate in euro saranno probabilmente un successo che potrebbe favorire una futura emissione congiunta per affrontare le sfide europee.

 

2. Un bilancio UE meno ambizioso e orientato al futuro rispetto ai piani iniziali

Se le trattative hanno portato a tagli sia nelle sovvenzioni[4], sia nelle componenti di garanzia[5] del pacchetto di ripresa (rispetto alle proposte presentate inizialmente), si è operato anche a scapito di una minore ambizione di modernizzazione del bilancio UE 2021-2027. Sotto la pressione dei cosiddetti membri “frugali”, i leader dell’UE hanno ridotto il bilancio che prevedevano di allocare risorse a programmi lungimiranti destinati a investire strategicamente nel futuro dell’Europa (ad es. salute, ricerca, digitale, cooperazione internazionale e catene di valore strategiche). Pertanto, il bilancio UE continuerà ad essere prevalentemente orientato verso sovvenzioni agricole (con la PAC) e aiuti alle regioni meno avanzate (con i fondi di coesione).

 

3. Un nuovo passo verso un’unione fiscale?

Poiché aumenterà temporaneamente le dimensioni del bilancio UE, il fondo per la ripresa richiederà anche un incremento proporzionalmente significativo delle entrate. Con un bilancio UE prevalentemente finanziato con contributi nazionali basati sull’RNL (~70%), a cui si affiancano una quota di dazi doganali, le quote zucchero (~13%) e l’IVA (~11%), la necessità di rimborsare ulteriori 750 miliardi di euro genera un nuovo impulso per sbloccare il lungo dibattito sul paniere delle nuove risorse proprie per l’UE.

In conclusione, i leader UE hanno concordato una nuova “tassa sui rifiuti da imballaggi in plastica non riciclati”, da applicare a partire da gennaio 2021, nonché il principio dei futuri “meccanismi di adeguamento del carbonio alla frontiera” e un “prelievo sul digitale”, da introdurre entro il 2023. Nel frattempo, la necessità di specificare ulteriormente i dettagli e l’invito, lanciato alla Commissione, a continuare a lavorare in vista dell’introduzione di altre risorse proprie (ad es. un’imposta sulle transazioni finanziarie (ITF) e/o una risorsa propria basata sulla base imponibile consolidata comune per l’imposta sulle società o ‘Common Consolidated Corporate Tax Base’ (CCCTB)) mostrano che il dibattito è soltanto all’inizio. Nella risoluzione dello scorso 23 luglio, il Parlamento europeo è entrato in campo dichiarando di ritenere che “soltanto la creazione di nuove risorse proprie può contribuire a ripagare il debito dell’UE” e che “non darà il proprio consenso al Multiannual Financial Framework (MFF) senza un accordo sulla riforma del sistema di risorse proprie dell’UE”.

 

4. Trasformazione della ripresa in un’opportunità per rafforzare l’economia dell’UE

Per accedere ai 672,5 miliardi di euro del “Dispositivo per la ripresa e la resilienza” (ossia 312,5 miliardi di euro in sovvenzioni e il resto in prestiti), gli Stati membri saranno tenuti a elaborare “piani nazionali per la ripresa e la resilienza” ideati su misura, delineando il loro programma di investimenti e riforme per il periodo 2021-2023. La Commissione provvederà quindi a valutare la loro adeguatezza a sfide e priorità specifiche, individuate nel contesto del semestre europeo, nonché il loro potenziale contributo alla transizione verde, al passaggio al digitale e al potenziale di crescita dell’economia.

Questa potrebbe rivelarsi un’opportunità provvidenziale per affrontare importanti sfide sociali, ambientali ed economiche (come la transizione ecologica, l’elusione fiscale e la disoccupazione) e la natura della raccomandazione che verrà formulata nell’ambito del semestre europeo sarà di estrema importanza. Se il semestre europeo si è recentemente evoluto fino a integrare un quadro di valutazione della situazione sociale (ossia legato al pilastro europeo dei diritti sociali) e un monitoraggio degli obiettivi di sviluppo sostenibile (ossia nell’ambito del Green Deal europeo), queste componenti sociali e ambientali dovranno essere debitamente riportate nelle relazioni per paese pubblicate dalla Commissione nel mese di febbraio. Sostenibile ed equo” non dovrebbe essere un simpatico optional, bensì dovrebbero trovarsi al centro delle relazioni per paese, delle raccomandazioni specifiche per paese e dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza.

 

5. Un impegno ambientale piuttosto vago

I leader UE si sono impegnati ad assicurare che il 30% del pacchetto sia orientato verso l’attenuazione del cambiamento climatico (con 550 miliardi di euro dei complessivi 1.826 miliardi) e ad applicare il “principio del non nuocere” a tutta la spesa rimanente. Se questi impegni non bastano a colmare la carenza di finanziamenti per l’ambiente individuata dalla Commissione (ossia 370 miliardi l’anno fino al 2030), sussiste molta incertezza in merito al loro adempimento.

Innanzitutto, la condizionalità del pacchetto per la ripresa a favore dell’ambiente deve essere rafforzata. Vista la riduzione delle ambizioni riguardanti svariati programmi incentrati sul clima e sul futuro (ad es. fondi per una transizione equa e InvestEU) rispetto alle precedenti proposte, la “quota verde” di questo pacchetto per la ripresa dipenderà in larga misura dal contenuto dei “piani nazionali per la ripresa e la resilienza” che gli Stati membri dovranno presentare ufficialmente nell’aprile 2021 (le bozze verranno diffuse a partire da ottobre di quest’anno). Nel frattempo, le attuali salvaguardie sono ancora relativamente deboli[6]e potrebbero essere ulteriormente rafforzate. In assenza di una più dettagliata classificazione europea delle attività non sostenibili (ossia la “tassonomia marrone” o “brown taxonomy”), questo risultato potrebbe essere conseguito aggiungendo un elenco esclusorio di alto livello per l’ambiente e il clima, che specifichi ciò che non devono includere questi piani nazionali.

In secondo luogo, manca ancora una metodologia adeguata per tracciare l’uso e l’impatto dei fondi pubblici dell’UE sul clima e sull’ambiente. Con l’attuale metodologia di valutazione ex ante fortemente criticata dalla Corte dei conti europea, sarà necessaria una metodologia più dettagliata per garantire la credibilità del giuramento verde secondo il principio del “non nuocere” ed evitare che i rischi di spesa legati al clima vengano enfatizzati eccessivamente. Accogliamo dunque con favore la richiesta dei leader UE destinata alla Commissione e finalizzata a sviluppare una metodologia efficace di monitoraggio della spesa per il clima e della sua efficacia.

CONCLUSIONE

L’accordo dei leader UE sul prossimo bilancio settennale dell’Unione (MFF) e su un ulteriore fondo per la ripresa (NGEU) presenta aspetti sia positivi sia negativi, ma, per quanto l’accordo possa essere importante, si tratta soltanto di un passo all’interno di un complicato processo.

In effetti, ai fini della realizzazione di questo accordo, il Consiglio e il Parlamento europeo devono ancora concordare le dimensioni e la composizione dell’MFF nonché i dettagli fondamentali delle varie norme costitutive dei nuovi fondi per la ripresa (ad es. il Regolamento del dispositivo per la ripresa e la resilienza). Anche il contenuto dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza verrà modellato attraverso un processo che potrebbe offrire molto spazio ai miglioramenti.

Ora la sfida consiste pertanto nel:

  1. Rafforzare e rendere “verde” la condizionalità di accesso ai fondi per la ripresa. I dettagli su come la Commissione valuterà i piani nazionali per la ripresa sono della massima importanza, dato che i fondi dovranno essere allocati in un’ottica sostenibile per l’ambiente, socialmente equa ed economicamente coerente. Come abbiamo spiegato in una recente nota, l’incapacità di allineare l’espansione di bilancio agli obiettivi di sostenibilità non farà che alimentare il rischio di perturbazione, rendendo l’economia europea ancora più fragile sul lungo periodo.
  2. Monitorare e impegnarsi nel semestre europeo nonché assicurare la coerenza dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza. Se questi piani nazionali dovranno concentrarsi in particolar modo su sfide e priorità specifiche individuate nel contesto del semestre europeo, sarà di cruciale importanza assicurare che le relative relazioni per paese e le raccomandazioni specifiche per paese siano idonee ad affrontare la necessità di un’Europa più equa e sostenibile.
    Assicurare che il pacchetto da 1,8 trilioni di euro sia il più possibile ambizioso e lungimirante. La battaglia non è ancora finita: il Parlamento europeo condanna i tagli massicci rispetto alle proposte della Commissione e alle richieste stesse del Parlamento, esigendo componenti più solide per il clima e la biodiversità e un accordo sulla riforma del sistema di risorse proprie dell’UE (comprese la CCCTB e l’ITF), per non parlare della questione dello Stato di diritto. In questa risoluzione, i membri del Parlamento europeo dei principali schieramenti politici hanno dichiarato di essere pronti a bloccare l’accordo sull’MFF se le loro richieste più importanti non vengono soddisfatte.

 

Ludovic Suttor-Sorel

[1] A seconda dello scenario, i mancati profitti 2020 porteranno a probabili perdite di capitale per le aziende europee strimabili tra i 720 e i 1200 miliardi di euro. Fonte: SWD(2020) 98 final, “Commission Staff Working Document – Identifying Europe’s recovery needs”, p. 26, Url.: https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/economy-finance/assessment_of_economic_and_investment_needs.pdf

[2] Tra il 60 e il 75% del disavanzo totale è attribuibile ad imprese già finanziariamente fragili (ossia imprese che hanno una leva relativamente alta o una bassa redditività).

[3] Gli strumenti di debito negoziabili emessi da istituzioni sovranazionali situate nell’area dell’euro (ad esempio BEI, ESM) sono idonei per diversi programmi di acquisto della BCE.

[4] La componente di sovvenzione è stata ridotta da un totale di 433,01 miliardi di euro, nella proposta iniziale della Commissione Europea, a 384,4 miliardi di euro. Fonte: BRUEGEL, “Having the cake, but slicing it differently”, 23 Luglio 2020

[5] Le garanzie disponibili per i paesi dell’UE sono state drasticamente ridotte da 61,6 miliardi di euro a 5,6 miliardi di euro (ad esempio, il Solvency Support Instrument da 31,2 miliardi è stato eliminato, mentre InvestEU è stato ridotto da 30,3 a 5,6 miliardi di euro).

[6] Mentre l’articolo 16, paragrafo 3, del Regolamento sullo Strumento per il Rilancio e la Resilienza fa esplicito riferimento alle transizioni verdi E digitali come criteri per l’approvazione della Commissione, l’allegato II, punto 2.2, specifica ulteriormente che la misura prevista deve contribuire alla transizione verde OPPURE digitale – che, ovviamente, fa grande differenza. Inoltre, non esistono ancora specifiche su come adempiere all’impegno di evitare “impatti negativi di tali misure sul clima e sull’ambiente”. (Allegato II, 2.4.).

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Autore

Ludovic Suttor-Sorel

Membro dello staff di Finance Watch

Informazioni sull’autore

In qualità di Research and Campaign Officer, Ludovic Suttor-Sorel si occupa di tematiche legate alla finanza sostenibile e alla politica fiscale. Collora anche alla progettazione delle nostre campagne e a impegnarsi con i responsabili politici, gli accademici, le organizzazioni della società civile e altri stakeholder.  Maggiori informazionori

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